L’esclusività dei servizi di supporto e le modalità di conferimento del capitale: spunti critici
Il decreto ministeriale che dovrà istituire – all’interno dell’albo dei concessionari delle attività di accertamento e riscossione per conto degli enti locali – un’apposita sezione dedicata ai soggetti che svolgono “esclusivamente” le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate, sembrerebbe essere in dirittura d’arrivo.
Tuttavia, se è vero che, con la sua adozione, verrebbe posto fine all’attuale querelle circa l’operatività o meno delle norme introdotte dai commi 805 e seguenti della Legge di bilancio 2020 nelle more dell’adozione del provvedimento attuativo, è del pari vero che, nel merito, non verrebbero sciolti i numerosi dubbi che accompagnano il nuovo sistema di “riserve” inaugurato con la citata legge e rimodulato, più di recente, dalla Legge di bilancio 2021.
Due gli aspetti che suscitano maggiore preoccupazione: l’incerta definizione dei soggetti che dovranno iscriversi al predetto albo e le possibili distorsioni che la norma e la sua applicazione sembrerebbero generare.
Sotto il primo profilo, la norma istitutiva del nuovo obbligo (articolo 1, comma 805, L. n. 160/2019) impone l’iscrizione alla nuova sezione ai soggetti che svolgono “esclusivamente” le attività di supporto e propedeutiche alla riscossione degli enti locali e delle società da essi partecipate.
È proprio l’avverbio “esclusivamente” a suscitare perplessità. Non è infatti chiaro – ma la questione è dirimente – se debba valutarsi tale caratteristica sulla base dell’oggetto sociale ovvero se debba darsi una lettura diversa. In effetti, la realtà delle società di supporto, a guardare il mercato di riferimento, vede in campo operatori che in genere svolgono anche altre attività: software house che producono applicativi e svolgono anche servizi di supporto, società di consulenza globale agli enti locali che, oltre ad occuparsi di supporto ai tributi, si occupano anche di servizi nell’ambito degli altri uffici (finanziario, amministrativo, anagrafe, etc.).
Se si volesse interpretare l’uso dell’avverbio “esclusivamente” nel senso di prevedere, per i soggetti che svolgono attività di supporto, un’incompatibilità con lo svolgimento di ulteriori attività, ci troveremmo di fronte ad una ingiustificata restrizione della libera iniziativa privata costituzionalmente garantita. Tale previsione, inoltre, sarebbe oltremodo lesiva della sfera di operatività delle società di supporto anche alla luce del non eguale trattamento riservato ai soggetti concessionari iscrivibili nella sezione ordinaria.
Sotto altro profilo l’uso dell’avverbio potrebbe favorire addirittura un fenomeno distorsivo secondo cui le società con oggetto sociale non limitato “esclusivamente” al supporto all’accertamento e alla riscossione continuino a potere svolgere la loro attività pur non avendo – tecnicamente e proprio per difetto del requisito di esclusività – l’obbligo di iscriversi alla sezione speciale dell’albo. Certo, in questo caso si aprirebbero contenziosi ma, dato il quadro normativo di riferimento lacunoso e la fisiologica alea giurisprudenziale, l’esito non sarebbe scontato.
Probabilmente, una lettura più equilibrata e teleologicamente orientata induce a ritenere che l’avverbio esclusivamente sia stato utilizzato dal legislatore per stabilire che, mentre le società iscritte nell’albo ordinario possono effettuare anche attività di supporto, il contrario non sarebbe possibile e, quindi, che le società che saranno iscritte nella sezione speciale potranno svolgere “esclusivamente” attività di supporto e non anche le attività riservate alle società iscritte nell’albo ordinario.
Forti perplessità desta altresì la previsione che il capitale sociale debba essere interamente versato in denaro, dal momento che ciò non garantisce minimamente della solidità patrimoniale della società.
È evidente, infatti, che il capitale sociale, un attimo dopo il conferimento, entra a pieno titolo nella disponibilità della società per un qualsiasi impiego, trasformando così la previsione in un trattamento diseguale di situazioni sostanzialmente identiche.
Si pensi al caso di una società che ha impiegato, per la costituzione del proprio capitale, il conferimento di un immobile e quello di una società che ha acquistato l’immobile dopo il conferimento. Nei libri sociali di entrambe, il valore finale sarà rappresentato dal cespite, ma soltanto la seconda potrebbe iscriversi nella nuova sezione speciale. La disparità di trattamento che ne deriverebbe, in questi casi, andrebbe probabilmente apprezzata sotto il profilo della compatibilità costituzionale.
L’ulteriore prospettiva della possibilità di versamento del capitale sociale tramite polizza assicurativa o fideiussione bancaria sconta invece il problema della mancanza del DPCM attuativo dell’art. 2464, comma 4, secondo periodo, c.c., secondo cui il versamento iniziale dovuto al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo può essere sostituito da una polizza assicurativa o da una fideiussione bancaria, stipulata per un importo almeno corrispondente.
Su questo fronte ci sono sostenitori della inattuabilità della previsione fino a quando non saranno determinate con decreto le caratteristiche della polizza di assicurazione o della fideiussione bancaria e sostenitori della piena operatività della previsione normativa. Tanto che, in pratica, alcune assicurazioni e banche già la attuano. E proprio in relazione al precedente albo dei concessionari, campeggia sul sito della sezione dedicata del Ministero dell’economia e delle finanze un avviso secondo cui non saranno più accettate dall’Ufficio, sia per l’iscrizione che per il mantenimento della stessa, le polizze offerte dai “confidi minori” iscritti nell’elenco ex art. 155 TUB, nella formulazione anteriore all’entrata in vigore nel D.lgs. n. 141 del 2010.